Quando parliamo con un brand attraverso un’applicazione web o social potrebbe non esserci un essere umano dall’altra parte, ma una macchina, più precisamente un bot. L’intelligenza artificiale è entrata nel marketing e nel customer care di molte aziende e, se ci siamo ormai abituati ad assistenti vocali come Siri o Cortana, il 58% dei Millennials americani è consapevole di avere interagito con un bot almeno una volta nel corso dell’ultimo anno.
Tra le esperienze italiane più recenti ci sono
Leo di
Ing Direct,
Elen di
Enel e
Tobi di
Vodafone, tutti sviluppati con l’obiettivo di
gestire le conversazioni di base con i clienti relativamente a prodotti, servizi e pratiche aperte, con la possibilità di suggerire anche l’acquisto di opzioni aggiuntive. Questo tipo di assistenti si basa su
motori semantici e sistemi di
machine learning, tecnologie che alimentano un mercato con ottime prospettive di sviluppo: entro il
2025, la spesa globale per i chatbot toccherà
1,25 miliardi di dollari, con un tasso annuo di crescita superiore al
24%.
L’utilizzo dei chatbot per il customer care può generare risultati molto positivi. Vodafone ha ad esempio dichiarato che Tobi, usato da circa 1,5 milioni di clienti al mese, risolve quasi l’80% delle domande degli utenti, di solito legate alle offerte attive, costi e traffico, contatori e richieste generiche. Ciò significa che solo il 20% dei problemi deve essere trasferito all’operatore umano, che può quindi concentrarsi sulle questioni più complesse e su cui i clienti sono tendenzialmente più sensibili.
Anche
Movibell, la nostra piattaforma per scoprire città e territori in modo innovativo, ha un proprio
chatbot: attraverso
Facebook Messenger, Movibell invita l’utente a
scaricare la mobile app giocando con la conoscenza di
alcuni tra i monumenti più famosi d’Italia. Pronti a mettervi alla prova?